Non so se è la comunità giusta, ma una risposta mi serve, è da mesi che rimugino sulla questione.
Mi è capitato ben 2 volte di incontrare persone che si definiscono interessate a X (argomento generico), proprio come me. Quindi si finisce per creare un gruppo tutti motivati, baldanzosi, e speranzosi di scambiare materiale (produzioni, idee, etc.) circa l’argomento X. E per ben 2 volte mi è capitato che io fossi l’unico attivo del gruppo, finendo per essere associato alla figura di “capo” del club/circolo. Non che mi dispiaccia prendermi carico della cosa, ma evidentemente non sono per niente bravo: perché nessuno risponde neanche a ciò che condivido.
Naturalmente mi si può rispondere di proporre attività; ma innanzitutto io non ho idea di cosa si faccia in un circolo/club, non essendovi stato previamente; in secondo luogo la gente semplicemente ignora, è disinteressata, è impegnata in altro, e non parlo di gente che lavora.
Io è da gennaio che ci rifletto e ho pensato questo: la bellezza di un’entità collettiva come il club è che permette lo scambio tra pari, ma funziona solo se i pari la fanno funzionare, se si “autogestiscono”. E non parlo di mandare avanti una fabbrica, parlo solo di poter discutere e proporre attività ricreative.
Ciò mi ha portato a osservare che (almeno) la mia generazione è cerebralmente morta; e non dico per fare effetto, se presa come insieme non riesce a funzionare.
Mi spiego peggio: quando io (che non eludo l’accusa che faccio ai miei coetanei) ho provato a trovare soluzione, ho trovato soltanto realtà verticali, molto analoghe a quella scolastica. Dove sono io, o qualcuno, che fa la “lezioncina”; dove inevitabilmente ci deve essere una sorta di messia che porta la soluzione, l’informazione, e non c’è mai una costruzione collettiva. In una delle due mie esperienze ho notato come in un “dibattito” la gente finisse per darmi inevitabilmente ragione (“la penso come te”); non perché li estenuassi, ma perché davo un’opinione completa: dunque il “dibattito” moriva li. Non c’è verve. Sono tutti dipendenti da un entità/elemento che pensa per loro.
E ora mi sento un po’ stronzo, eracliteo, a chiedervi come risvegliare le persone; come attivarle e metterle sui loro piedi.
Edit: Le due attività erano una di natura politica e una di natura poetico-letteraria; e coinvolgevano ragazzi attorno i 18 anni.
Potremmo discutere della soglia di attenzione di chi vive con il telefono in mano (8 secondi circa, 2000 seguiti su ig di cui han detto 1 volta per 4 secondi in loro vita “Ue, figo!”) ma in realtà credo la discussione cambi notevolmente a seconda dell’interesse: sport, cultura, interessi locali, ecc Cambia molto anche a seconda del tipo di persone (età, stato sociale, vicinanza, ecc).
Dai qualche info in più e vediamo che viene fuori al di là del “troviamoci per un aperitivo e parliamo di X” che se poi funziona diventa una cena, poi una riunione, ecc…
Le mie due “occasioni” sono state sull’argomento della poesia e la politica (sinistra) tutti ragazzi di 18 anni o giù di li. Diciamo che nel circolo politico ci spingiamo sempre per incontrarci, essendo associato ad un partito e di interesse di 2-3 persone (compreso io), ma personalmente mi sento costantemente perso. Nel circolo poetico ho un po’ gettato la spugna, ma riprenderò con l’inzio della scuola invitando i ragazzi del liceo (che ha delle lezioni pomeridiane di poesia e scrittura creativa, da cui poi abbiamo cercato di fare nascere un circolo indipendente). Comunque edito il post per aggiungere queste informazioni
In un circolo politico, creare dei focus group o prendersi delle responsabilità sociali utili (coordinate con la direzione) non dovrebbe essere impossibile e di lì in avanti sta all’impegno e alla costanza delle persone… L’argomento poesia lo vedo molto più problematico per strutturare qualcosa, dato anche l’argomento che si presta mtl a una lettura privata e personale